venerdì 12 ottobre 2012

On the road

Brucia, sentilo come brucia, l'asfalto,
neanche la pioggia oppone resistenza, anzi,
prova a bagnarlo ma è tutto inutile, unico testimone l'olfatto.

Guardalo come s'allunga, s'estende, raccoglie i passi,
le ruote, la gomma.
Collezionista di storie, l'asfalto,
che sia nuovo, o vecchio e consumato.

Il passeggiarci sopra regala rumori, quelli di ciò che lo circonda,
incontri d'anime tra loro sconosciute, incroci di gente che s'incontra per caso;
e se il trasporto gode di motore, le anime sembrano infinite,
tutte in avanti o tutte contro, troppo lente o vasi riempiti di fretta.

L'asfalto si ricorda di te, che il passaggio sia unico o ripetuto,
che la corsia sia una o che siano quattro;
conto sulle dita di una mano quelli che guardano oltre il finestrino di chi sorpassa,
diventiamo auto a meno di eccezioni poco gentili.

Anche noi impariamo a riconoscere l'asfalto, le sue rughe,
impariamo ad evitarle, a gestirle, a far in modo che errori non si ripetano;
ma di fronte ad una strada sterrata perdiamo il controllo,
l'asfalto non c'è, ne siamo affascinati il più delle volte.

Puoi percorrere migliaia di chilometri, ricordare buche a memoria,
ma il mistero, l'imprevedibilità dello sterro l'asfalto non può dartelo,
puoi programmarti un anno intero in ogni dettaglio, stai pure tranquillo:
la vita è piena di pietre che non avevi mai visto.

domenica 7 ottobre 2012

Shivaree - "Goodnight Moon"



Buonanotte luna, buonanotte e buon lavoro.
Guardi da lassù, tra una nuvola e l'altra, spii, osservi;
quanta vita c'è stanotte, quanta vita ancora sveglia.

Buonanotte luna, provo a dormire pensando; chissà, lo farai anche tu.

Altri stupidi versi d'una notte in cui, luna, ti si vuole fare protagonista,
protagonista, magari, d'una notte in cui non ci siamo neanche incontrati,
trattenuti da notti prese e messe in una scatola.

No, non canterò, ululando, a te, cara luna,
non sono capace d'afferrarti e pensarti mia,
né potrei offrirti alle donne.

Non capirebbero, luna, quanto sia dolce il tuo viso,
non scorgerebbero, luna, nel nostro volto il sorriso.
  (vincenzo bua)

sabato 6 ottobre 2012

Paradossi

Mi faccio troppi problemi?
Mi faccio troppi complessi, troppe paranoie, troppi film?

Mi volete più egoista?

Va bene.



Se non si distingue chi pensa sempre agli altri e non si accetta che ogni tanto in buona fede sbagli anche lui dalla gente che è menefreghista di suo, che senso ha farsi tutte sti complessi?

Via. Mi sono rotto il cazzo di pensare prima agli altri che a me stesso e dover pure rincorrere la gente. 

mercoledì 3 ottobre 2012

De gustibus non disputandum est

All'alba dell'ora più scura non odo voci, né movimenti,
non chiudo gli occhi nonostante sia ciò che vorrei fare.

Sto ascoltando una canzone, una di quelle che in alcuni momenti hai in testa e nel cuore, e a costo di fartela venire a noia ascolti e riascolti senza soluzione di continuità. Vorrei scrivere, ma l'ispirazione non c'è. Spero non si sia offesa, sarebbe un peccato, oltre che una delusione; di un bellissimo complimento ed una critica tutta da analizzare bisognerebbe trarre conclusioni e motivazioni per scrivere (o per non farlo, chissà), e invece sono nel limbo. Come quelle parole "sulla punta della lingua". Ce l'ho qui nel cuore qualcosa da dire, ma evidentemente non ci sono ordini di parole di mia conoscenza che possano esprimere quello che ho dentro.

In fondo, non è né felicità né tristezza, serenità o ansia, gioia o delusione, malinconia o euforia. E' una sensazione. Vorrei scrivere ma non ho parole.

Una poesia muta non ha voce, non è scritta,
non accarezza le anime né irrita l'esigente lettore.
Passa da neurone a neurone e tiene alla finestra l'esser sensazione,
è propria di chi la pensa, è viva, limpida, intensa.
Non insegue le rime, non le bacia, 

ha uno stile tutto suo, l'esser bianca come il foglio senza inchiostro,
non insegue premi né s'aspetta complimenti: è muta, e muta rimane.
Una poesia muta non esprime emozione, te la striscia addosso, la fa tua e solo tua,
o sua, o di chiunque non riesca a dormire, non riesca a smettere di pensare al nulla.
                                                                                                                                    (vincenzo bua)
Il mio personale parere è che la poesia sia di tutti e di nessuno. Non esiste un padrone, non esiste un giudice. Quelli che si spacciano per tali una volta erano lettori, lo sono rimasti ma nel frattempo hanno scritto qualcosa che piaceva.

Ma ciò che piace è tale perché si scrive ciò che si sente, non per la forma con cui lo si scrive.

Scriverò finché avrò ispirazione, e leggerò volentieri me stesso.
Che a qualcuno piaccia non può che farmi piacere, per gli altri, beh,
"de gustibus non disputandum est" (rigorosamente a capo).