mercoledì 29 luglio 2015

"Quel marittimo incrocio" 
Ciò che si cela dietro a tale componimento è di facile intuizione. Ci sono momenti in cui ci sentiamo persi e spesso i nostri sogni sono piccole foto che ci fanno vedere cosa abbiamo dentro.
Il mare di questo sogno non è violento ma grande ed in continuo movimento. Quello che manca è la presenza di un punto di riferimento, della spiaggia. Non c'è la sensazione di panico dovuta al non saper nuotare, bensì la consapevolezza che a mancare non è la mano ma lo strumento, come rappresentato dalle luci che non aiutano a capire la direzione, ma sono sfuocate e distanti seppur il sogno sia nitido.
Lo sterrato quindi va ad essere la metafora della spregiudicatezza adolescenziale e dei suoi insegnamenti che in un modo o nell'altro arrivavano, qualsiasi fosse la direzione.
La poesia si conclude con le sensazioni del sognatore: il futuro ed il passato lo tengono fermo in quel mare e distaccato dalla situazione, paradossalmente stabile in quella assoluta instabilità.

Io la poesia ve la lascio qui, la mia chiave di lettura può essere condivisa, interpretata ma anche stravolta, è questa la magia che tiene in vita la poesia.

Quel marittimo incrocio
Un mare di onde,
piccole ma sparse,
nessuna spiaggia, 
nessuna duna.
Sapere di saper nuotare
guardare e non vedere niente,
luci sfuocate in sogni nitidi,
sembra vero, sembra il dentro.
Lo sterrato era lividi e sbucciature
un segnale, il dolore,
di una qualsiasi direzione.
Sentirsi bagnati dalle incertezze,
pesanti per il freddo delle emozioni,
e dispersi senza alcuna intenzione.
"V.B. Inedite 2015"

Vincenzo Bua Inedite 2015

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